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lunedì 16 luglio 2012

Orowe e Maya


“Eccolo! E’ lui! E’ quello giusto!”, esclamò Maya eccitata.
Nessuno condivise la gioia della sua scoperta.
Volse lo sguardo nel punto dove avrebbe dovuto trovarsi Orowe, e ciò che vide fu solo il vuoto. Il nulla assoluto.
Con uno sbuffo di impazienza chiuse gli occhi, diresse il suo pensiero verso l’infinito, e quando li riaprì il vuoto era stato colmato.
“Che c’è?...”, domandò sorpreso ed un po’ infastidito Orowe. Evidentemente era stato distolto inaspettatamente da un’attività piuttosto importante.
Anzi, a giudicare dal suo atteggiamento, spazientito ma quasi rassegnato, non era la prima volta che si ripeteva quella scena. Orowe cercava accuratamente di evitare lo sguardo di Maya, continuando a pensare al lavoro che aveva appena lasciato in sospeso.
Maya non rispose alla sua domanda. Lo guardò intensamente con quei suoi enormi occhi verdi, poi abbassò lo sguardo, assumendo un’aria colpevole. In silenzio.
Orowe cedette.
“Oooh, avanti! Lo sai che sono SEMPRE MOLTO occupato…”.
Maya continuava a tenere gli occhi bassi, muta, alzando lo sguardo verso Orowe solo per pochi secondi, ed esclusivamente per sbattere in modo civettuolo le ciglia.
Orowe sospirò, cercò di sorridere e le si avvicinò.
“Maya, lo sai che sono SEMPRE molto MOLTO  occupato, e il mio lavoro è estremamente delicato. E’ un compito che comporta un’enorme responsabilità, e un giorno, se seguirai…”.
Orowe si interruppe. Maya continuava a guardarlo, senza una parola. Orowe sospirò, guardando verso l’alto un punto immaginario, quasi aspettando che da lì gli arrivasse un segno.
“Avanti. Dimmi che c’è…”, disse rassegnato un istante dopo.
Il volto di Maya si illuminò.
“L’ho trovato! Finalmente io-l’ho-tro-va-to! E’ quello lì”.
Orowe seguì la direzione indicata dal dito di Maya, il suo sguardo percorse in una frazione di secondo milioni di chilometri, attraversando il vuoto siderale come farebbe la lama incandescente di un coltello con il burro, e finalmente lo vide.
“Piccola mia, sei proprio sicura?”, domandò serissimo Orowe.
“Questa volta, sì!”. Fu il modo in cui Maya pronunciò quell’ultimo sì a indurre Orowe a soffermarsi ancora un istante, invece di abbandonare la sua adorata figlia alle sue fantasticherie, come tutte le altre volte.
“Maya, non mi stancherò mai di ripeterti che…”.
“Lo so, lo so! E’ dalla notte dei tempi che mi ripeti la stessa cosa…”.
Orowe sobbalzò. La reazione di Maya era troppo sicura per rappresentare un capriccio dei suoi. La sua bambina stava crescendo. La sua bambina ERA cresciuta, ormai.
Ricordava ancora come se fosse ieri la prima volta che l’aveva tenuta in braccio, secoli prima.
“Va bene. Ti credo.”.
“Davvero?!”. Il volto di Maya si illuminò di una luce nuova, diversa.
Guardò suo padre come mai aveva fatto prima, e in quel momento si creò tra loro un legame indissolubile. Un legame che avrebbe comportato la separazione dei due fino al giorno in cui, alla Fine dei Tempi, tutte le creature dell’Universo si sarebbero ricongiunte nell’Unico.
“Davvero”, rispose Orowe, fissandola negli occhi.
“Quindi, credi che dovrei…..”.
“Quello che credo io non conta. Se TU sei certa che sia quello giusto, sì.”.
Ci fu un attimo di silenzio. Una incredibile tensione emanò da loro.
“Ma questo significa…”, disse allora Maya, gli occhi velati dalle lacrime e la voce rotta dal dolore.
“Sì, Maya. Questo significa che…”. Anche Orowe non riuscì a finire la frase.

 “Ho aspettato da sempre questo momento, e adesso che è finalmente arrivato…”, disse Maya con un flebile filo di voce.
“Maya, sapevi che un giorno avremmo dovuto affrontare questo momento. Anche noi, che ci crediamo superiori alla Vita stessa, dobbiamo sottostare alle sue regole. E’ scritto.”.
“Ma…”.
“Niente ma! Neanche per me è facile. Tu sei la mia unica figlia, e per l’eternità rimarrai l’unica. Questo è il Suo volere, è stato deciso così prima ancora che noi fossimo creati, e non c’è nessuno che possa impedire che si compia. “.
“Ma forse tu…La tua influenza è forte su di Lui, papà. E potresti…”.
Orowe la interruppe con un gesto perentorio della mano.
“Questo è troppo anche per me, piccola mia. Mi spiace.”
Si abbracciarono.
Una luce intensissima invase lo spazio intorno a loro, dove prima c’era solo il nulla.
“Vedi? E’ il segno che è la scelta giusta.”, disse Orowe, e a Maya parve di vedergli compiere un gesto repentino con la mano approfittando della fortissima luce, come per asciugarsi gli occhi dalle lacrime.
“Allora…Addio, Padre”.
“Arrivederci, figlia mia. Veglierò su di te e su di lui. Veglierò su di voi”.
Stavano per abbracciarsi nuovamente, quando la luce si spense improvvisamente.
Il vuoto tornò a riempire quella realtà priva di tempo e spazio.
Orowe rimase ancora un istante immobile, in silenzio.
Pensò all’ultima frase detta a sua figlia: per la prima ed ultima volta le aveva mentito. Avrebbe dovuto dirle ‘Ti voglio bene’, e invece l’ultimo saluto alla persona più importante della sua vita era stata una bugia.
Una volta compiuta la scelta, Orowe non avrebbe potuto più seguire Maya, mai più: non gli era concesso. Neanche a lui.
Pensò per un attimo di chiedere una grazia, uno strappo alle regole.
Non aveva mai provato uno strazio simile, un dolore indefinibile e diffuso.
Il dolore è un sentimento umano, adatto a essere viventi a termine, si disse.
Esseri di rango inferiore, senza dubbio.
Però, per un attimo, provò un senso di profonda ammirazione e stima per quegli esseri inferiori: quanta forza ci voleva per sopportare quelle ondate di dolore senza rimedio? Tanta. Troppa.
Forse non erano poi tanto inferiori, questi mortali.
Sospirò, mentre si apprestava a tornare al suo sempiterno lavoro: non c’erano strappi alle regole. C’erano solo regole.
Per l’ultima volta pensò a Maya, e provò un incredibile moto di invidia all’idea che in quel preciso momento due persone, sulla Terra, stavano coronando il loro sogno con la nascita della loro prima figlia. Una figlia speciale.
Era certo che l’avrebbero chiamata Maya. E che le avrebbero voluto bene più della loro stessa vita. La loro unica vita.
Dominò l’ultima ondata di dolore, anche se non potè evitare che una lacrima gli sfuggisse dal viso e si perdesse nel vuoto.
Orowe scomparve, tornando al suo sempiterno lavoro.
Quella unica piccola lacrima, però, avrebbe presto riempito quel vuoto cosmico. Al suo interno vi era la vita, ed una storia intensa.
Abbastanza per creare un nuovo mondo.

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