“Eccolo! E’
lui! E’ quello giusto!”, esclamò Maya eccitata.
Nessuno
condivise la gioia della sua scoperta.
Volse lo
sguardo nel punto dove avrebbe dovuto trovarsi Orowe, e ciò che vide fu solo il
vuoto. Il nulla assoluto.
Con uno
sbuffo di impazienza chiuse gli occhi, diresse il suo pensiero verso
l’infinito, e quando li riaprì il vuoto era stato colmato.
“Che
c’è?...”, domandò sorpreso ed un po’ infastidito Orowe. Evidentemente era stato
distolto inaspettatamente da un’attività piuttosto importante.
Anzi, a
giudicare dal suo atteggiamento, spazientito ma quasi rassegnato, non era la
prima volta che si ripeteva quella scena. Orowe cercava accuratamente di
evitare lo sguardo di Maya, continuando a pensare al lavoro che aveva appena
lasciato in sospeso.
Maya non
rispose alla sua domanda. Lo guardò intensamente con quei suoi enormi occhi
verdi, poi abbassò lo sguardo, assumendo un’aria colpevole. In silenzio.
Orowe
cedette.
“Oooh,
avanti! Lo sai che sono SEMPRE MOLTO occupato…”.
Maya
continuava a tenere gli occhi bassi, muta, alzando lo sguardo verso Orowe solo
per pochi secondi, ed esclusivamente per sbattere in modo civettuolo le ciglia.
Orowe
sospirò, cercò di sorridere e le si avvicinò.
“Maya, lo
sai che sono SEMPRE molto MOLTO
occupato, e il mio lavoro è estremamente delicato. E’ un compito che
comporta un’enorme responsabilità, e un giorno, se seguirai…”.
Orowe si
interruppe. Maya continuava a guardarlo, senza una parola. Orowe sospirò,
guardando verso l’alto un punto immaginario, quasi aspettando che da lì gli
arrivasse un segno.
“Avanti.
Dimmi che c’è…”, disse rassegnato un istante dopo.
Il volto di
Maya si illuminò.
“L’ho
trovato! Finalmente io-l’ho-tro-va-to! E’ quello lì”.
Orowe seguì
la direzione indicata dal dito di Maya, il suo sguardo percorse in una frazione
di secondo milioni di chilometri, attraversando il vuoto siderale come farebbe
la lama incandescente di un coltello con il burro, e finalmente lo vide.
“Piccola
mia, sei proprio sicura?”, domandò serissimo Orowe.
“Questa
volta, sì!”. Fu il modo in cui Maya pronunciò quell’ultimo sì a indurre Orowe a
soffermarsi ancora un istante, invece di abbandonare la sua adorata figlia alle
sue fantasticherie, come tutte le altre volte.
“Maya, non
mi stancherò mai di ripeterti che…”.
“Lo so, lo
so! E’ dalla notte dei tempi che mi ripeti la stessa cosa…”.
Orowe
sobbalzò. La reazione di Maya era troppo sicura per rappresentare un capriccio
dei suoi. La sua bambina stava crescendo. La sua bambina ERA cresciuta, ormai.
Ricordava ancora
come se fosse ieri la prima volta che l’aveva tenuta in braccio, secoli prima.
“Va bene.
Ti credo.”.
“Davvero?!”.
Il volto di Maya si illuminò di una luce nuova, diversa.
Guardò suo
padre come mai aveva fatto prima, e in quel momento si creò tra loro un legame
indissolubile. Un legame che avrebbe comportato la separazione dei due fino al
giorno in cui, alla Fine dei Tempi, tutte le creature dell’Universo si
sarebbero ricongiunte nell’Unico.
“Davvero”,
rispose Orowe, fissandola negli occhi.
“Quindi, credi
che dovrei…..”.
“Quello che
credo io non conta. Se TU sei certa che sia quello giusto, sì.”.
Ci fu un
attimo di silenzio. Una incredibile tensione emanò da loro.
“Ma questo
significa…”, disse allora Maya, gli occhi velati dalle lacrime e la voce rotta
dal dolore.
“Sì, Maya.
Questo significa che…”. Anche Orowe non riuscì a finire la frase.
“Ho aspettato da sempre questo momento, e
adesso che è finalmente arrivato…”, disse Maya con un flebile filo di voce.
“Maya,
sapevi che un giorno avremmo dovuto affrontare questo momento. Anche noi, che
ci crediamo superiori alla Vita stessa, dobbiamo sottostare alle sue regole. E’
scritto.”.
“Ma…”.
“Niente ma!
Neanche per me è facile. Tu sei la mia unica figlia, e per l’eternità rimarrai
l’unica. Questo è il Suo volere, è stato deciso così prima ancora che noi
fossimo creati, e non c’è nessuno che possa impedire che si compia. “.
“Ma forse
tu…La tua influenza è forte su di Lui, papà. E potresti…”.
Orowe la
interruppe con un gesto perentorio della mano.
“Questo è
troppo anche per me, piccola mia. Mi spiace.”
Si
abbracciarono.
Una luce
intensissima invase lo spazio intorno a loro, dove prima c’era solo il nulla.
“Vedi? E’
il segno che è la scelta giusta.”, disse Orowe, e a Maya parve di vedergli
compiere un gesto repentino con la mano approfittando della fortissima luce,
come per asciugarsi gli occhi dalle lacrime.
“Allora…Addio,
Padre”.
“Arrivederci,
figlia mia. Veglierò su di te e su di lui. Veglierò su di voi”.
Stavano per
abbracciarsi nuovamente, quando la luce si spense improvvisamente.
Il vuoto
tornò a riempire quella realtà priva di tempo e spazio.
Orowe
rimase ancora un istante immobile, in silenzio.
Pensò
all’ultima frase detta a sua figlia: per la prima ed ultima volta le aveva
mentito. Avrebbe dovuto dirle ‘Ti voglio bene’, e invece l’ultimo saluto alla
persona più importante della sua vita era stata una bugia.
Una volta
compiuta la scelta, Orowe non avrebbe potuto più seguire Maya, mai più: non gli
era concesso. Neanche a lui.
Pensò per
un attimo di chiedere una grazia, uno strappo alle regole.
Non aveva
mai provato uno strazio simile, un dolore indefinibile e diffuso.
Il dolore è
un sentimento umano, adatto a essere
viventi a termine, si disse.
Esseri di
rango inferiore, senza dubbio.
Però, per
un attimo, provò un senso di profonda ammirazione e stima per quegli esseri
inferiori: quanta forza ci voleva per sopportare quelle ondate di dolore senza
rimedio? Tanta. Troppa.
Forse non
erano poi tanto inferiori, questi
mortali.
Sospirò,
mentre si apprestava a tornare al suo sempiterno lavoro: non c’erano strappi
alle regole. C’erano solo regole.
Per
l’ultima volta pensò a Maya, e provò un incredibile moto di invidia all’idea
che in quel preciso momento due persone, sulla Terra, stavano coronando il loro
sogno con la nascita della loro prima figlia. Una figlia speciale.
Era certo
che l’avrebbero chiamata Maya. E che le avrebbero voluto bene più della loro
stessa vita. La loro unica vita.
Dominò
l’ultima ondata di dolore, anche se non potè evitare che una lacrima gli sfuggisse
dal viso e si perdesse nel vuoto.
Orowe
scomparve, tornando al suo sempiterno lavoro.
Quella
unica piccola lacrima, però, avrebbe presto riempito quel vuoto cosmico. Al suo
interno vi era la vita, ed una storia
intensa.
Abbastanza
per creare un nuovo mondo.
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